Amigurumi made in Prato: Ohioja vorremmo vivere nel tuo mondo

Amigurumi made in Prato

Ylenia Tagliafraschi. Un nome dal suono tutt’altro che nipponico ma che invece col Giappone ha molto a che fare. Ylenia è infatti un’esperta di Amigurumi.

Un metodo di lavorazione dei filati grazie alla quale si realizzano stupendi pupazzetti, ai ferri o all’uncinetto. Una tecnica che ha radici profonde e che oggi scopriamo con Ylenia, nostra concittadina esperta di Amigurumi e innamorata del Giappone. I personaggi che escono dalle sue mani sferruzzanti le somigliano molto: sono dolci, colorati e fanno venir voglia di essere felici!


Potevamo quindi farci scappare una collaborazione con lei? Certo che no. Abbiamo chiesto a Ylenia di realizzare un Amigurumi di piccole dimensioni con il nostro filato Piuma, così da avere tre vantaggi: minor tempo speso nella realizzazione, facilità di esecuzione anche per i principianti e più possibilità di impiego una volta finito. Per scoprire l’Amigurumi di Ylenia  e vedere come noi lo abbiamo utilizzato, clicca qui!

Intervista

Domanda d’obbligo per iniziare un intervista. Come sei approdata al mondo tutto giapponese dell’Amigurumi?
Da tanti anni oramai sono fissata sul Giappone, in un periodo in cui avevo mooooolto tempo libero mi sono messa a sbirciare su internet in siti di handmade e craft. Come per magia mi sono imbattuta in queste cosine carine e simpatiche!


Come spiegheresti questa tecnica a chi ancora non la conosce? E’ simile all’antichissima lavorazione con l’uncinetto o ci sono delle differenze sostanziali?
Si è molto simile, e vi dirò anche semplice. Basta sapere i punti base dell’uncinetto la differenza sostanziale è che si lavora a spirale, senza chiudere mai il giro. Poi magari guardando bellissimi libri giapponesi t’imbatti in qualche lavorazione più spericolata, ma con i punti base si può far di tutto. L’importante è non creare buchi tra una maglia e l’altra, sennò non è carino!

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Mi sembra di aver capito che i soggetti preferiti da chi pratica Amigurumi sono ben definiti. Raccontaci quali sono in generale e quali invece i tuoi preferiti.
Ci sono i grandi classici, o comunque le cose più comuni. Metti anche che non avendo confidenza si tende a riprodurre pattern di altri e quindi via libera a dolcetti, bambole e animalini in versione pupazzetti. Personalmente amo quella cosa tipicamente nipponica del creare oggetti antropomorfi. Mi fa più ridere l’idea di oggetti o cibi che ti guardano sorridenti, però ultimamente sto riscoprendo il piacere di fare anche qualche animaletto (sempre sorridente).


Kawaii (termine giapponese che significa carino, adorabile) e Amigurumi  vanno a braccetto. Cosa significa per te essere Kawaii?
È un requisito fondamentale. Di base gli Amigurumi non hanno un uso ben preciso, devono solo essere kawaii! Bhè la domanda è difficile. Se si parla di Amigurumi kawaii è quando li vedo e mi fanno una certa tenerezza. Personalmente non devono essere per forza splendidi e perfetti, mi devono intenerire. Me li vorrei portare tutti a casa. Per esempio l’anno scorso in un negozio a Kyoto c’ erano Amigurumi fatti benissimo, tecnicamente perfetti, poi mi giro e vedo un draghetto messo via in una cesta. La cesta delle cose scontate ma aveva una faccina così tenera che me lo son portato a casa (grande scomodità visto che era enorme).

Hai un mentore al quale t’ispiri?
Negli Amigurumi no. Cioè quando apro un libro fatto bene impazzisco però è anche difficile seguire i designer nipponici. Apri siti e di base non capisci nulla di quel che dicono 😐 Comunque quel popolo ha la capacità di avere un senso estetico ed una manualità tale che boh mi piacciono tutti, da quelli perfetti fin nel minimo dettaglio a quelli fatti tutti storti. Famosi e non. Il mio idolo supremo invece non c’entra nulla con gli Amigurumi e il Giappone. Lei cuce, fa grafiche, ha mille collaborazioni ed è coleì che mi ha fatto pensare “fare pupazzi così è una cosa incredibile!”. Si tratta di Heidy Kenney aka My Paper Crane.

Di cosa ti circondi mentre realizzi le tue creaturine? Musica, una tazza di tè, amiche…
La tazza di tè è d’obbligo, meglio se è Hojicha! Poi abiti comodi e musichetta o documentari di sottofondo. Preferisco lavorare da sola così rimango concentrata e il lavoro mi sembra anche più veloce. Poi ogni tanto mi fermo, controllo, vedo se c è qualche punto che non mi piace… insomma sono più nel mio mondo.

Sei mai stata in Giappone?
Si, per ora tre volte ma sto già lavorando per trovare il modo di arrivare velocemente alla quarta. Mi manca, mi manca tanto.

Perché il nome ‘Ohioja’?
perché ogni volta che le persone vedevano i miei Amigurumi esclavamano: ohioja bellini!

Progetti futuri?
Mhhhhhhhhhhh spero di poter dedicare più tempo al progetto Ohioja, magari iniziare a girare un po’ di più ed in posti nuovi per fare workshop e diffondere la nobile arte degli Amigurumi.

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