Le differenze tra: lana cotta, pannolenci, feltro e prefeltro

In molti ci chiedono la differenza che esiste tra feltro, prefeltro, pannolenci e lana cotta. L'interesse è aumentato dopo l'uscita dell’articolo sul prefeltro di Maria Friese.

Voglio provare quindi a fare un po’ di luce su questo argomento. Per molti di voi questo sarà soltanto un ripasso, ma chi si affaccia su questo affascinante mondo per la prima volta avrà la possibilità d’imparare le differenze che esistono tra questi materiali.

La lana cotta


Innanzitutto la lana cotta è un tessuto a maglia. La lana cotta si ottiene attraverso un processo chiamato follatura. Il tessuto viene inserito in un’apposita macchina, chiamata follone, che bagna con soluzioni alcalino-saponose il materiale e poi tramite una compressione meccanica salda le fibre fra di loro. Grazie a questo processo il tessuto ottiene maggiore resistenza, compattezza e una certa impermeabilità.

Il feltro

Il feltro è un tessuto non tessuto. Ovvero una superficie tessile la cui struttura NON è caratterizzata da trama e ordito. Non è ottenuto tramite tessitura. Per realizzare un feltro, sia industrialmente che a mano, si sfrutta una peculiarità morfologica della lana: la superficie squamosa. Opportunamente lavorata (con acqua, sapone e sottoponendola a forte azione meccanica) la lana, tende infatti a chiudersi, a infeltrirsi. In quanto le squame superficiali, prima tendono ad alzarsi e poi a legarsi le une con l'altre e a chiudersi.
Il feltro può essere tagliato, cucito, incollato come un qualsiasi tessuto dotato di trama e ordito. Addirittura, nel caso di feltri realizzati a mano, si può arrivare a creare forme tridimensionali e pezzi di abbigliamento senza bisogno di alcun tipo di cucitura.

Se vi va di approfondire la tecnica dell'infeltrimento manuale vi invito a vedere i numerosi tutorial di DHG.

In questa foto potete vedere come del feltro industriale sia stato utilizzato per realizzare un cesto per la frutta e un raccoglitore per le penne.

Qui sotto invece abbiamo delle opere in feltro a mano.

Feltro Lana Termoformabile 2 mm / 150 cm
Latte
1 m € 18,68
5 m € 90,59
20 m € 354,89
Prefeltro 80% Lana 20% Seta 120 cm
Menta Melange
1 m € 23,15
5 m € 113,45
10 m € 222,27
30 m € 652,92
Prefeltro Superlight 150 cm
Conchiglia
1 m € 18,52
5 m € 90,28
10 m € 175,92
25 m € 425,92
Feltro Lana Termoformabile 3 mm / 150 cm
Fragola
1 m € 35,99
5 m € 170,95
20 m € 662,21

Il pannolenci

Se si fa un giro in Rete, tra forum e siti di varia natura, si trova che il pannolenci, così come il feltro, è un tessuto non tessuto realizzato a partire da fibre di lana cardata, ma che differisce da quest'ultimo per lo spessore/pesantezza.
Appena abbiamo letto questa definizione abbiamo pensato fosse incompleta, fuorviante e tutt'altro che scientifica. Giacché la differenza di spessore non è certamente una peculiarità tecnica sufficiente a differenziare un prodotto tessile da un suo simile.

Con l'aiuto dei colleghi di DHG, moderni Indiana Jones, abbiamo pertanto approfondito l'argomento e intervistato esperti di settore. Queste sono le nostre conclusioni.
Il termine pannolenci è un termine che nasce intorno al 1920. Quando la ditta Lenci di Torino crea un prodotto tessile compatto, morbido e molto molto fine, che non sprefilasse durante il taglio (in quanto non avente trama e ordito).
Ora però considerando la tipologia delle macchine tessili disponibili all'epoca, siamo portati a credere che per tale produzione venissero usate le stesse tecnologie usate per la produzione dei feltri più spessi già in commercio. Ipotesi, suffragata anche dalla descrizione della produzione del pannolenci ottenuto, così come il feltro, agugliando fibre di lana cardata.
Tecnicamente quindi il pannolenci così creato era un feltro a tutti gli effetti, sebbene finissimo.

Allora perché chiamarlo pannolenci invece che feltro leggero?
Dovremmo chiedere a chi tale prodotto l'ha inventato, ma purtroppo non è possibile. Ipotizziamo però che l'idea, fosse quella di creare una sorta di "brand" riconducibile all'azienda produttrice, la Lenci appunto.
Per questo motivo il nome dell'azienda è stato abbinato alla parola panno, una parola molto evocativa. Giacché ieri come oggi, indicava uno specifico tessuto di lana che veniva follato, infeltrito, per renderlo impermeabile. Successivamente veniva garzato per ottenere un lato peloso.
Sebbene il pannolenci possa esteticamente avere tali caratteristiche, la realtà è che tecnicamente non si tratta di un panno in quanto quest'ultimo è un tessuto a tutti gli effetti, con armatura a tela.


Il prefeltro


Il prefeltro è un tessuto non tessuto. Come suggerisce il prefisso pre- si tratta di un prodotto parzialmente infeltrito. La sua produzione, sia che avvenga industrialmente che a mano, sfrutta la superficie squamosa della lana (esattamente come avviene per il feltro), ma si ferma prima che l'infeltrimento sia completato.


A cosa serve quindi il prefeltro?

Il prefeltro industriale viene usato nella tecnica manuale del felting per velocizzare la lavorazione. Il prefeltro costituisce infatti una base di lavoro, che in sua assenza l'artigiano dovrebbe costruire totalmente a mano.
Inoltre, il leggero infeltrimento consente alle fibre di aggregarsi quel tanto necessario a rendere il materiale facilmente tagliabile e manipolabile (quasi come se fosse un tessuto). Questo pertanto rende possibile la realizzazione di forme e decorazioni nette. Tali decorazioni possono essere utilizzate a sé stanti o come decorazioni di basi in prefeltro.

Un bellissimo post di approfondimento su questo prodotto ce l'ha regalato Andrea Noeske Porada, nel quale spiega come fare ad utilizzare il prefeltro.

Sia che lo si usi come base di lavoro, sia che se ne ricavino decorazioni, il prefeltro deve essere alla fine infeltrito. In questo modo acquisirà resistenza e, nel caso di abbinamento con tessuti o decorazioni, permetterà a quest'ultime di "attaccarsi" alla suddetta base. Esattamente come fa Maria Friese nei suoi lavori fantastici.



Siamo arrivati alla fine di questo articolo sulle differenze tra feltro, prefeltro, pannolenci e lana cotta.
Vi lascio con un ultimo suggerimento di lettura oltre a quelli già dati: l'articolo di Eva Basile sulla lana cardata, in cui vi spiegherà tutti i trucchi del mestiere. Buona lettura!

SCRIVI UN COMMENTO