Oggi vi parliamo di Anita Larkin, un’artista australiana capace di creare oggetti davvero interessanti con il feltro. Anita si è ritrovata sotto i fari della ribalta grazie alle sue abilità e al suo talento.
Nelle sue opere, si può notare come l’artista provi a ridare vita a oggetti oramai caduti in disuso e visti dal più delle persone come spazzatura. Grazie alla propria maestria, Anita Larkin, è riuscita a fondere questi oggetti con il feltro, facendoli diventare una cosa sola e trasformandoli così in opere d’arte che difficilmente verranno dimenticate.
Anita Larkin, il tuo nome è ormai affermato nel campo dell’arte, ma partendo dagli albori della tua carriera, qual è stato l’evento, la circostanza che ti ha trasformata in quello che sei oggi?
Ho sempre sentito che avrei avuto una carriera come artista, fin da bambina spesso realizzavo degli oggetti. Non c’è un evento che posso indicare. È stata una progressione, una ricerca continua. L’ho seguita costantemente, concentrandomi sul fare e sullo sviluppare le mie idee, sulle mostre, sull’insegnamento dell’arte, e sul prendere delle commissioni, lavorando duro per vivere. È un processo di accumulazione. Mio padre quand’ero molto piccola mi portava spesso al “tip”, il mucchio degli oggetti da riciclare. Ci era permesso raccogliere tutto quello che trovassimo interessante, e portarlo a casa per trasformarlo in qualcosa, o solo per tenerlo da parte. Probabilmente quello è stato l’inizio, se ce n’è stato uno.
In molti dei tuoi lavori utilizzi dei materiali riciclati, dando così loro un nuovo posto, ma soprattutto nuova linfa vitale. Dietro alla scelta dei materiali e alle opere che costruisci cosa c’è e cosa cerchi di trasmettere?
Gli oggetti che hanno avuto una vita passata mi intrigano. Li trovo belli, misteriosi, e pieni di potenziale narrativo. Hanno la capacità di suscitare ricordi in chi li osserva, e io gioco con questo fatto nei miei lavori. Uso il feltro per aggiungere agli oggetti un elemento di morbidezza e una natura animale. È un materiale molto affascinante e spesso spirituale.
Il feltro è presente in molte delle tue opere, da dove è nata questa passione e come ha avuto inizio?
Nel mio ultimo anno di università, da studentessa d’arte al Sydney College of the Arts, facevo delle sculture producendo dei calchi del mio corpo nella carta ed altri materiali fragili. Volevo trovare un materiale che potesse essere modellato nella forma di un corpo, ma che avesse una qualità tattile che coinvolgesse lo spettatore, che alludesse a delle qualità umane. Le mie ricerche mi condussero a un materiale chiamato feltro. I nomadi lo usavano per farci le case! Ecco un materiale che non solo aveva le caratteristiche fisiche che cercavo ma era anche appassionante concettualmente, dato che da tempo ho un interesse per il nomadismo contemporaneo. Trovai qualcuno che mi insegnasse i fondamentali, e lavoro il feltro ed esploro le possibilità di quali forme si possono ricavare dalle fibre da allora. Era il 1993.
Nella tua galleria fotografica possiamo ammirare come il feltro e i materiali utilizzati si fondono in un unico oggetto. Quanto tempo passa dall’idea iniziale del progetto alla sua realizzazione finale?
Lavoro su diversi progetti alla volta, per cui non posso dire quanto tempo richieda ciascuno di questi processi. Penso a un’idea per una scultura mentre lavoro a un’altra. Penso alla realizzazione di qualche lavoro anche mentre lavo i piatti, così il mio essere artista si fonde con il mio dovere di mamma. L’arte e la vita non sono separate, per me. Ho un’infinità di appunti e di disegni che aspettano solo di prendere vita. Alcuni ricorrono in taccuini diversi, e questi sono quelli che spesso finisco con il realizzare per primi. Vorrei poterli fare tutti. Alcuni mi continuano a ossessionare per mesi, li cambio nella mia testa, faccio delle prove, esempi di di tecniche e materiali, prima di decidere che uno in particolare è quello giusto per quel lavoro in particolare. Quindi in alcuni casi tra l’idea iniziale e il lavoro finito passa tanto tempo. In altri invece è tutto più veloce, perché è il risultato dell’essere nella giusta condizione mentale, nel posto giusto, al momento giusto. Sono quelli che chiamo “i momenti della lampadina”. Me ne capitano parecchi, e cerco di approfittarne agendo velocemente, e di esercitare quella parte della mente.
Se dovessi scegliere una delle tue opere realizzate con il feltro, a quale tra queste ti sentiresti più attaccata, più tua?
Condotto. È un’attrezzatura che connette la testa, il cuore e i piedi di due persone. L’ho fatto nel 2007 quando è nato mio figlio. Ora fa parte della collezione della Wollongong Art Gallery.
Quali sono i progetti futuri a cui stai lavorando? Il feltro sarà sempre uno dei protagonisti delle tue opere? Quali sono gli obiettivi che ti sei posta per il futuro?
Sto lavorando su dei calchi in porcellana di alcuni dei miei oggetti e del mio corpo. Voglio combinare questo con degli oggetti in feltro. Sì, il feltro sarà sempre davvero affascinante per me. Ha talmente tanta forza se messo al posto giusto in una scultura. Sto anche continuando a disassemblare degli oggetti che contengono feltro. Poi li rovescio, in modo da rivelare come sono fatti. Lo faccio da un bel po’, e ora sta diventando una bella serie. Non vedo l’ora di farli vedere al pubblico il prossimo anno in una mostra. Sto anche lavorando in due progetti di arte sociale per il governo locale. Questi progetti saranno completati tra due settimane. Dopodiché avrò abbastanza soldi da potermi dedicare ai miei lavori per un po’. Prossimamente ci sarà una mostra che chiede agli scultori la scultura del corpo, e quali sono le caratteristiche distintive dei gioielli e della scultura. Quindi sto pensando e realizzando dei disegni per quei lavori. Credo che il feltro sarà perfetto per quella mostra. Inizierò presto a realizzare questi pezzi. Sto anche lentamente avvicinandomi a chiudere il mio libro sul feltro, “Il feltro dalla prospettiva di uno scultore”. Nel corso degli anni ho sviluppato ed esplorato tanti modi di realizzare forme scultoree in feltro, e voglio raccogliere le mie capacità e idee in un libro. Spero che uscirà a fine anno. Mi serve tempo.
A settembre è previsto un corso qui in DHG. Sei mai stata in Italia? Se sì cosa ti è piaciuto di più e se no cosa ti aspetti di trovare?
Sì, sono venuta in Italia una volta, con mio marito e mio figlio che allora aveva 8 mesi, nel 2007. Mi ricordo di avere visitato la bella città di Bolzano, nel nord. Mio marito e io restammo colpiti dalla bellezza selvaggia delle Dolomiti durante quel viaggio. Amiamo entrambi l’arrampicata e il trekking. Mi è piaciuto molto visitare i musei d’archeologia, l’architettura gotica, e ho amato la grande profondità della storia di città come Verona. Sono anche stata a Venezia. La cosa che più di tutte mi è piaciuta, però, è stato il calore della gente che abbiamo incontrato durante i nostri viaggi. Sorrisi sinceri, e ottimo cibo. Non vedo l’ora di visitare di nuovo l’Italia.
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