Joana Vasconcelos – Creando Meraviglie – DHG Intervista Esclusiva

da Annalisa Chelli - 29/01/2017

Annalisa Chelli

Joana Vasconcelos

Ciao amici di DHG! L’introduzione all’artista di oggi sarà più breve del solito. E la ragione è che stavolta, più che mai, alle immagini e alle parole della stessa Joana Vasconcelos non serve aggiungere molto. Vi dico che descriverei Joana Vasconcelos con tre parole: eclettismo, magnificenza e pop art. E anche che, aspetto non da sottovalutare, Joana è un’artista poliedrica capace di condividere le sue idee, il suo saper fare con le nuove generazioni spronandole a coltivare la propria creatività. In ultimo, un’altra peculiarità dell’arte di Joana Vasconcelos, è quella di rivelare alcuni degli aspetti più critici della nostra società quali sessismo o distinzione di classe attraverso le sue mastodontiche opere. Bellezza per gli occhi e meditazione per l’anima. Eccovi l’intervista!


Intervista

Joana Vasconcelos - gli inizi

Sei nata in Francia, per la precisione a Parigi, ma ora abiti e vivi a Lisbona. Cosa ti ha spinto a fare questa scelta?
I miei genitori decisero di tornare in Portogallo dopo la rivoluzione del 25 aprile del 1974. Erano esuli politici e io avevo due anni. Quindi non fu proprio una mia scelta! Tuttavia la scelta di restare in  Portogallo ha a che fare con vari fattori. È casa mia, è il luogo in cui sono cresciuta, in cui ho studiato, e in cui ho iniziato a sviluppare il mio lavoro. Qui, per via dell’economia locale, posso avere uno spazio di lavoro enorme che sarebbe impossibile avere a Londra o Parigi. E ho anche accesso a materiali e tecniche ancestrali che sono in via di estinzione nel resto del mondo, che è una cosa molto importante per il mio lavoro. Le circostanze mi permettono anche di essere indipendente, dato che ho creato un team di circa 50 dipendenti. E di potere produrre e supervisionare tutto il lavoro.


Il simbolo che accompagna il tuo nome di artista, la piccola croce con le punte colorate, cosa significa?
Non significa niente in particolare! È legata alle forme che ho esplorato quando ho lavorato sui gioielli (i miei primi studi li ho fatti in quel campo). Si può pensare a una relazione coi quattro elementi. Ai colori primari e in particolare ai colori della bandiera portoghese. Fondamentalmente fa da marchio per il mio lavoro e per il mio studio.


Joana Vasconcelos -  media e materiali eterogenei


Una delle prime cose che ho notato è la varietà di mezzi espressivi e di materiali impiegati. Vuoi raccontarci il perché di questa scelta?
I mezzi espressivi e i materiali hanno a che fare con le questioni concettuali. L’idea che intendo sviluppare e/o lavorare determina il medium e i materiali che verranno utilizzati. Per esempio, per l’opera Marilyn, ho fatto ricorso a delle pentole per realizzare un paio di sandali col tacco, partendo dall’idea del ruolo della donna lavoratrice nella società contemporanea. Le pentolei e i sandali col tacco sono simboli paradigmatici della dimensione pubblica e di quella privata della donna, e propongo così una revisione del femminile. Le pentole, un segno a cui si associerebbe la tradiziona sfera domestica della donna, vengono impiegate per riprodurre un enorme sandalo col tacco alto. Simbolo di bellezza imposto dalle convenzioni sociali, contraddice l’impossibilità della relazione dicotomica del femminile nella sfera domestica e quella sociale.


Ci sarà stato  un momento durante la tua carriera artistica in cui hai fatto un salto, passando da essere un’artista conosciuta a livello locale ad un’artista internazionale. Quando è stato e come l’hai vissuto?
Il mio lavoro è divenuto noto a livello internazionale dopo la mia partecipazione alla 51a Biennale di Venezia nel 2005, con l’opera La Sposa [A Noiva] (2001-2005). Avevo solo 33 anni e fu tutto piuttosto terrificante ma anche esaltante al tempo stesso. La mia opera era all’entrata della mostra nell’Arsenale, Always a Little Further. Mi trovai improvvisamente circondata da dozzine di giornalisti e fotografi, che mi tempestavano di foto e di domande. Non ero assolutamente pronta per questa sorpresa, e cercai solo di fare del mio meglio per non mostrare quanto fossi nervosa.


Il suo Manifesto


Fra le tue opere qual è quella che consideri maggiormente come manifesto del tuo pensiero artistico?
A Noiva [La Sposa] (2001-205) resterà sempre uno dei lavori a cui tengo di più per tutto ciò che rappresenta. Ogni volta che questo lavoro sta per essere messo in una mostra, succede qualcosa. Segna l’inizio della mia notorietà internazionale, quando partecipai per la prima volta alla Biennale di Venezia nel 2005. È stato spesso – e anche di recente – censurato, come è accaduto alla mia mostra a Versailles, 2012. È un pezzo che può imbarazzare alcune persone perché mette a nudo l’imposizione di una sessualità femminile ipocrita e repressa, attraverso l’azione corrosiva dell’ironia e dell’ambiguità. Quando la si guarda da lontano, è un imponente lampadario con una cascata di ciondoli scintillanti. Ma quando ci si avvicina, si resta sorpresi nel rendersi conto che quello che brilla come cristallo o vetro sono in realtà migliaia di assorbenti immacolati. Il riflesso della luce sugli involucri trasparenti produce questo luccichio. Detto questo, il lavoro in questione riunisce alcune delle principali caratteristiche della mia grammatica artistica e del mio procedimento: l’appropriazione, la decontestualizzazione e la sovversione di oggetti preesistenti e di realtà quotidiane.; la materializzazione di concetti che sfidano le routine prestabilite di ogni giorno; uno sguardo complice ma allo stesso tempo critico sulla società contemporanea e i tanti tratti che servono a definire l’identità collettiva, specie quelli che riguardano lo status delle donne, le distinzioni di classe o le identità nazionali; e un discorso che è attento alle idiosincrasie contemporanee, in cui le dicotomie di artigianale/industriale, privato/pubblico, tradizione/modernità e cultura popolare/erudizione sono intrise di affinità che hanno la funzione di rinnovare gli usuali flussi di significato che caratterizzano la contemporaneità.


Hai partecipato a varie edizioni della  Biennale di Venezia. Puoi dirci, se ne hai notati, i cambiamenti espressivi  degli artisti negli ultimi anni.
Gli stili degli artisti nel corso degli anni sono sempre diversi e cambiano di continuo. Perché i temi e gli artisti proposti dai curatori, guindando e indirizzando così questi cambiamenti. I curatori sono coloro che hanno la responsabilità di invitare nuovi artisti che rappresentino i punti di vista che desiderano esplorare.




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http://joanavasconcelos.com/index.aspx


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